Marketing e fumo


Come dicevo nel post del 24 gennaio, all'inizio degli anni '90 la mia principale occupazione sul lavoro consisteva nel girarmi i pollici. Anche mia moglie, dopo l'imprevista e repentina chiusura della sua agenzia di stampa era rimasta disoccupata e, oltretutto, senza liquidazione. Quest'ultimo problema venne in seguito felicemente risolto con una lunga e durissima causa di lavoro. Nel frattempo, dovendo mangiare, trovò impiego in una sedicente agenzia di marketing e incentive per la quale aveva già lavorato come esterna, accompagnando con successo un paio di viaggi. Una volta assunta venne però retrocessa al ruolo di segretaria tuttofare con orario di lavoro "flessibile". La flessibilità era ovviamente solo nel senso della dilatazione, mai della contrazione. Il problema, se non avete mai avuto a che fare con un'agenzia di marketing, è che quasi tutti i cosiddetti managers rientrano in una forchetta tipologica che va dall'imbecille presuntuoso e millantatore al pericoloso psicopatico. Di solito sono individui senza altri interessi al di là dei loro "obiettivi di sviluppo dello spirito di corpo, commitment, motivazione e team working". Quasi sempre hanno situazioni familiari disastrose, con due o tre ex-coniugi altrettanto sciroccati che li tormentano. Se sono uomini, spesso sono impotenti. Le donne invece sono quasi tutte delle mantidi religiose affamate di sesso, ma disperatamente frigide. Sono dei parassiti che non hanno altra ragione di vita al di là di quel loro gioco idiota che pretendono essere un lavoro serio. Sono drammaticamente ignoranti, spesso parlano a stento l'italiano (e lo scrivono peggio), ma si riempiono la bocca di "briefing, team-building, case history, know-how, team-work, leadership, job rotation, communication target, silent drill, market orienting..." tutte parole vuote che si perdono nel vuoto delle loro vite. La soluzione? Sterilizzarli. Tagliare le tube alle femmine e le palle ai maschi, onde evitare che possano figliare e continuare ad appestare il mondo con la loro progenie di parassiti. Il "capo" di mia moglie era un esemplare perfetto: sempre elegante e sorridente (coi potenziali clienti), vantava una serie interminabile di titoli ed un curriculum vitae che, se fosse stato autentico, avrebbe fatto sì che la sua età sarebbe stata più o meno quella di Matusalemme, mentre in realtà era molto più giovane. Il suo fiore all'occhiello era una laurea in non so bene cosa in una prestigiosissima ed antica università germanica. In effetti parlava un discreto tedesco, ma anche un mio vecchio amico, che da giovane ha fatto lo sguattero a Stoccolma, parla un discreto svedese. La sua "compagna" (di solito questi soggetti sono dei reazionari bestiali, ma le loro donne sono tutte "compagne"...) veniva presentata come una che "aveva lasciato l'insegnamento per dedicarsi alla job motivation ed al marketing aziendale". Si era insomma autorizzati a pensare che questa brillante donna in carriera fosse, che so... una ex-docente di Filologia Germanica presso la già citata e prestigiosa università, no? No: manco p'o cazz. La bagascia era semplicemente una ex-maestra d'asilo; una che passava le sue giornate a cercare di tener buoni branchi di mocciosi frignanti e a cambiare pannolini pisciosi e merdosi! Intendiamoci: un mestiere commendevole, dignitosissimo e pure bello, ma dai Pampers al marketing... è un bel salto, no? Io con questo tipo di feccia mi ci confrontavo quotidianamente già da parecchi anni e quindi ero in un certo senso vaccinato, ma mia moglie, no. Quando arrivarono al punto in cui all'apertura delle riunioni ognuno avrebbe dovuto fare "l'urlo del leopardo" per "caricarsi e prepararsi ad affrontare le sfide del mercato", non ce la fece più e, pur con i dovuti modi, cercò di far capire loro che lei era tanto spiritosa ed autoironica, ma a 34 anni suonati certe cazzate si rifiutava categoricamente di farle. Questo suo atteggiamento eversivo da lì a poco le avrebbe fruttato un provvidenziale licenziamento.

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