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Visualizzazione dei post da 2008

Thailandia per stomaci delicati

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La Thailandia è un paese bellissimo ed io, un po' alla volta, sto cercando di girarla in lungo e in largo. Per ora sono stato due volte a Bangkok e al nord durante un viaggio verso il Laos, altro paese meraviglioso. Tutta l'Indocina è splendida. Almeno così immagino, dato che in Cambogia ed in Vietnam non sono ancora stato ma conto di farlo presto, lavoro permettendo. Sono, o almeno mi sforzo di essere, un viaggiatore. La differenza rispetto al turista è sostanziale: quest'ultimo viaggia possibilmente in gruppo, prenota il "tutto compreso" da casa, non cerca e non vuole imprevisti o sorprese. Se poi, al ritorno dalla Thailandia, vi racconta che è stato in vacanza a Pattaya, allora vuol dire che è andato semplicemente a troie. Pattayà (con l'accento sull'ultima sillaba) è un'anonima località balneare a sud di Bangkok con un mare orrendo ed un'elevatissima densità di go-go bars per abitante. Praticamente un "maialificio" dove non c'è

Giai Phong! Un incontro che ti cambia la vita

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Nel 1977 Eugenio Finardi (per il quale all'epoca mi occcupavo di promozione discografica) mi consigliò di leggere "Giai Phong!" ("pong", non "fong") di Tiziano Terzani, giornalista italiano e corrispondente di guerra per Der Spiegel. Il libro, per chi non lo conoscesse, è la cronaca della liberazione di Saigon che segnò ufficialmente la fine della guerra in Vietnam. Lo lessi e poi per molti anni quasi mi dimenticai di quel giornalista alto, baffuto, sorridente, ma soprattutto incazzoso come solo un toscano sa essere. La cosa non fu difficile perché, a meno di non conoscere il tedesco ed essere un attento lettore di Der Spiegel, di sue corrispondenze in Italia se ne vedevano sempre poche. Era uno spirito troppo indipendente per poter essere amato e rispettato dalla casta giornalistica italiana, ma questo lo avrei capito molto più avanti, più o meno nel 2002. Una sera, mentre a cena si parlava della sempre maggior influenza dell'Oriente nell'eco

Quando il destino ti prende in parola...

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Il 17 febbraio di due anni fa, scrivendo quello che per quasi due anni e mezzo sarebbe stato l'ultimo post, dichiarai che "adoro i gatti neri". Mai avrei pensato che di lì a poco il destino mi avrebbe preso così tanto in parola. Nell'estate di quell'anno, Minnie, una soriana abbandonata alla quale avevamo offerto rifugio, ce ne ha regalati ben quattro: Tyson (il più robusto), Ella (come la meravigliosa Ella Fitzgerald), Fusillo (sempre pronto a fare le fusa) e Squiky (perché da piccolo, più che miagolare, "cigolava"). Oggi Tyson vive a Pesaro dove ha messo su famiglia, Fusillo purtroppo è scomparso nel nulla, mentre Ella e Squiky sono rimasti con noi. Di gatti ne ho avuti tanti, ma mai nessuno delicato e affezionato come loro: mai un morso, mai un graffio nemmeno per giocare, ma solo una devozione totale, quel tipo di attaccamento che chi non conosce a fondo i felini attribuirebbe solo ad un cane. Sono ormai due anni che quotidianamente i gatti neri mi s

La linea dell'orizzonte

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Per chi crede che la terra sia piatta è la "finis terrae", il bordo del piatto. Per chi crede che sia una sfera orbitante nell'universo, è il punto d'intersezione della sfera con la tangente alla sua superficie. Per chi non ha credenze, ma solo dubbi e infinita curiosità di sapere, è solo un fastidioso ostacolo da dover superare. Sempre e comunque.

La costa a sottovento

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Qualche capitolo addietro si è parlato di un certo Bulkington, un marinaio alto, appena sbarcato, che incontrammo a New Bedford nella locanda. Quella notte gelida d'inverno, quando il Pequod spinse la prua vendicatrice nelle onde fredde e maligne, chi mai dovevo vedere al timone: Bulkington! Considerai con simpatia, ma con stupore e paura reverenziale, quest'uomo che in pieno inverno, appena tornato da un viaggio di quattro anni così pericoloso, poteva senza pace rimettersi in mare per un altro ciclo di tempeste. La terra pareva bruciargli sotto i piedi. Le cose più degne di ammirazione sono quelle che non si possono esprimere, i ricordi indimenticabili non vogliono epitaffi; queste quattro dita di capitolo sono la tomba senza lapide di Bulkington. Dico soltanto che accadeva di lui come di una nave squassata dalla tempesta, la quale miseramente avanzi lungo la costa, sottovento. Il porto le darebbe volentieri soccorso; il porto è pietoso, nel porto c’è sicurezza,