Farewell Angiolina

Permettetemi una pausa ed un rapidissimo flashback. Come dicevo, ho trascorso gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza ad Arezzo, che allora era la provincia della provincia e che, come ogni piccola città che si rispetti, aveva alcuni personaggi caratteristici che alimentavano il folklore e la mitologia locali. Il più caratteristico di tutti era lei: l'Angiolina, detta anche "la Spùtaci" per una sua singolare e "pericolosa" caratteristica. L'Angiolina era una barbona, una drop-out, un'esclusa... insomma: una di quelle persone che per ragioni ignote ai più, un bel giorno finiscono ai margini della cosiddetta "società civile". Di lei si favoleggiava che da giovane fosse bellissima anche se, come vedete dalla foto, ci vorrebbe una gran fantasia per crederlo. Solo oggi, dopo tanto tempo, mi accorgo di quanto somigliasse a Carlo Pisacane, il leggendario "Capannelle" de "I Soliti Ignoti" di Monicelli! Ma l'Angiolina a Cinecittà non c'era mai stata. La sua vita, molto più prosaicamente, l'aveva spesa in giro per le case chiuse. Una vita spesa a "fare la vita" e questa pare fosse l'unica cosa accertata, dato che lei stessa, istigata da giovinastri e vitelloni locali, spesso si lasciava andare a confidenze e ricordi. Dove vivesse nessuno lo sa, ma le sue giornate le passava "al giro", trascinandosi curva su un bastone fatto con un vecchio manico di scopa in su e in giù per "il Corso", ovvero Corso Italia, la strada dello "struscio" cittadino lungo la quale questuava e raccattava le cicche. D'inverno il suo "arsenale" (fra poco capirete perché lo chiamo così) oltre al bastone comprendeva anche uno scaldino con dentro un po' di brace. Quando era stanca, si sedeva su un gradino con lo scaldino fra le gambe e lì, in breve, finiva vittima dei perdigiorno che l'accerchiavano e cominciavano a punzecchiarla istigandola a frugare nel baule dei ricordi giovanili. Invariabilmente, nel bel mezzo di questi racconti, un commento fuori luogo o l'inopportuna citazione da parte di qualcuno di "Ràssina" (paese del Casentino con una clinica psichiatrica nella quale per un po' di tempo era stata rinchiusa) scatenavano una reazione furibonda. L'Angiolina s'alzava di scatto, perlomeno per quanto l'età e la statura lillipuziana le consentivano, e partiva all'assalto menando piattonate col bastone che spesso finivano sul cofano delle macchine parcheggiate lì attorno. D'inverno era ancora peggio, perché poteva ricorrere anche alla temibile arma dello scaldino. Ma neppure i micidiali lapilli di brace che volavano a destra e a manca a volte bastavano. Allora ricorreva alla risorsa più temuta da tutti, quella che le aveva fatto conquistare sul campo il brutto soprannome citato prima. I suoi scaracchi erano un'arma di assoluta precisione coi quali, alleluja!, di tanto in tanto riusciva a cogliere in pieno coloro che l'avevano portata all'esasperazione. Non tutti, fortunatamente, erano così disumanamente stronzi. C'era anche chi cercava di darle un aiuto concreto e chi, comunque, non le negava mai qualche spicciolo. Credo che molti ragazzi della mia generazione la ricordino con tenerezza ed ancora sorridano pensando alla sua terribile linguaccia. Ad esempio quando sedicenni o giù di lì s'andava in su e in giù per il Corso con le ragazzine e capitava d'incrociarla. La richiesta era invariabilmente la stessa: "Una sigaretta e 10 lire!" Spesso capitava che non s'avesse né l'una né le altre, per cui toccava rispondere: "Mi dispiace Angiolina, ma un c'ho nulla!" Lipperlì non c'era alcuna reazione, ma bastava allontanarsi di un paio di metri che, ancora teneramente abbracciati alla propria ragazza, si veniva raggiunti da una bruciante scudisciata: "Sieee.... un c'ho nulla, un c'ho nulla... Però, per quelle maiale che ve portate al giro, i soldi ce l'avete eh?!?!"

Commenti

Anonimo ha detto…
Grande Cesare, sei il solito spasso!!!

Max
Anonimo ha detto…
Da quando hai iniziato non passa giorno senza che venga a leggere qualche storiella.
Complimenti, molto interessanti.

Roberto Boffelli

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